Il libro biblico del Qoelet recita: “C'è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci, un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace”. Guardo a queste settimane di sospensione come a un tempo per arretrare con prudenza, ma anche per ricaricarsi e prepararsi a prendere nuovamente in mano la propria vita. Spesso, 24 ore sono sufficienti per andare a lavoro, portare i figli a scuola, a calcio o a lezioni di chitarra, occuparsi della spesa e della casa, sopperire alle improrogabili esigenze personali e familiari, per poi arrivare a sera intontiti e con le pile scariche. Tutto questo affannarsi, che a volte è anche soddisfacente e adrenalinico, non lascia però il tempo per riflettere su chi siamo, cosa siamo diventati e cosa facciamo quotidianamente. Sarò ripetitivo, ma vorrei che tutti noi cogliessimo da questo grande disagio un’opportunità e sembra proprio che, tra una diretta televisiva e una breaking news, sia proprio il Coronavirus a invitarci a fermarci e a riappropriarci del tempo di pensare. |
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